
Come ben sappiamo gli uomini arcaici vivevano in una condizione molto diversa da quella attuale e, per certi versi, migliore rispetto a quella di oggi soprattutto se si considera lo stretto contatto con la Natura. Chi mi segue da più tempo si ricorderà di come più volte io abbia ribadito i vuoti culturali, sociali e talvolta spirituali ai quali è sottoposta la Tradizione Nordica. Non è certamente tempo sprecato ribadire che essa nasce intorno al 2.000/2.500 a.C. in area scandinava, mentre la cosiddetta epopea vichinga si apre intorno al 790 d. C. e dura all’incirca 250 anni considerando la morte di Canuto il Grande (1035 d.C.) e la morte di Haraldr Harðráði (Araldo di Duro Consiglio) nella battaglia di Stamford Bridge (1066 d.C.). Consideriamo inoltre che i primi testi antichi, molti dei quali tradotti dagli amanuensi, risalgono a dopo l’anno 1.000. Il Codex Regius (Edda Poetica) fu scritto nel XIII secolo e di esso nulla si sa fino al 1643 d.C. Il manoscritto si compone di 45 fogli, con una grossa lacuna di 16 pagine mancanti dopo il trentaduesimo. L’Edda di Snorri viene scritta intorno al 1.200 d.C. Non serve un luminare per comprendere che tra le epoche di fondazione della Tradizione e i primi scritti, sono passati circa 3.000 anni, dei quali poco, pochissimo si conosce. Come tutte le popolazioni antiche, i Nordici tramandavano miti e leggende volti a salvaguardare il retaggio culturale e spirituale mediante racconti orali o canti (Germani continentali). È pressoché impossibile ritenere che nulla sia andato perduto in questi 3.000 anni o che non ci siano state trasformazioni o influenze significative, al punto tale che persino i miti che oggi conosciamo, possono essere stati modificati perdendone in parte il valore originario.

Nella stessa Edda di Snorri, per esempio, appaiono alcune contraddizioni, benché non sia dato di comprenderne il motivo. I veri cultori della spiritualità e della Tradizione, ritengono giustamente che il periodo vichingo al quale si rifanno oggi molti film, si sviluppi in un epoca già “contaminata”. Forse è per questo che attira molti “vichinghi nostrani new age”, affascinati più da tatuaggi, monili e armi, che non da una vera e profonda Pratica spirituale. Detto ciò si evidenziano due cose fondamentali:
- le condizioni di vita attuali sono molto diverse rispetto all’antichità, dove le persone vivevano la loro spiritualità in un modo più semplice e naturale rispetto ad oggi
- per dedicare la propria vita ad un Culto che sia oggettivamente anche una Pratica occorre avere saldo, in termini di conoscenza, il retaggio antico. E questo non è sempre possibile considerato il vuoto che si è creato, oltre le varie modifiche, nello spazio di 3000 anni
Non è possibile pertanto basare la propria crescita spirituale e le proprie conoscenze solo su testi, elementi archeologici e interpretazioni soggettive. Tantomeno se sono a carattere new age. Occorrono quindi due approcci tanto necessari quanto differenti tra loro:
- una ricerca nella Rete del Wyrd (Tempo) per recuperare informazioni atte a colmare laddove possibile il vuoto creatosi
- considerare anche Pratiche integrative che, seppur non di derivazione antica (ma con necessariamente un risvolto tradizionale!), permettano il superamento di problematiche più odierne (condizionamenti culturali, sociali, religiosi, ecc..), perché, come già ribadito, l’essenza dell’esistenza, del suo sviluppo, l’approccio alla vita stessa e alla morte, hanno oggi una profonda diversità rispetto al passato.
Coloro che intendono seguire la Via del Nord dovranno pertanto considerare nel proprio Percorso un margine di Pratica più ampio che non consideri solo le Pratiche strettamente tradizionali ma anche quelle che, pur mantenendo una “linea guida arcaica”, possano soddisfare e integrare le necessità dell’epoca moderna.
Úlfgaldr Valtýsson