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Seiðr ed Ergi

Quella che segue è la fonte dalla quale sono state attinte le informazioni relative al seiðr e all’ergi dell’articolo  Ásatrú e Vanatrú: le 4 improbabilità. Fatevene una ragione.

SEIÐR E SEIÐKONUR NELLE SAGHE ISLANDESI

edizioni De Luca Editori d’arte

autrice: Carla Del Zotto

«Odino conosceva e praticava quell’arte che dava grande potere e che si chiama seiðr; così egli sapeva i destini degli uomini e quello che doveva accadere, poteva arrecare a un uomo morte, sfortuna o malattia, così come era in grado di togliere ad alcuni il senno e la forza e darli ad altri. Ma dalla pratica di questa magia nera consegue una così grande perversione (ergi, ‘lascivia, concupiscenza’) che agli uomini non sembrò privo d’infamia esercitarla e l’arte fu insegnata alle sacerdotesse».

La testimonianza di Snorri nella Ynglinga saga è di particolare interesse perché classifica il seiðr fra i rituali di magia nera, mentre le fonti classiche sembrano non averne notizia e menzionano unicamente l’arte della divinazione e le virtù profetiche delle donne germaniche. (p.351)

La concezione negativa legata alla pratica del seiðr discende quindi da una particolare perversione sessuale (ergi) che sarebbe implicita nell’esercizio di tale arte magica. La forma ergi è infatti un corradicale dell’aggettivo argr, che vale ‘effeminato’, anche se è spesso tradotto con ‘vile’.

Nella Saga di Grettir, le parole pronunciate da Auðunn, þræll einn þegar hefnisk, en argr aldri («un servo si vendica subito, un vile mai»), sono una chiara espressione della gravità dell’insulto contenuto nel termine argr. Non a caso, nel carme eddico Þrymsqviða (“Canto di Þrymr”), Þórr esita a lungo prima di accettare il suggerimento di Loki di vestirsi da donna e fingere di essere Freyja, per recuperare il martello rubato dal gigante Þrymr.  Il timore di Þórr, fra gli Asi il dio della forza per eccellenza, nasce dalla considerazione che gli altri dèi potrebbero chiamarlo argr (‘effeminato’), se lo vedessero con gli abiti da sposa.

La legge islandese contemplava infatti il divorzio nel caso che il marito si vestisse da donna e viceversa; la Saga della gente di Laxárdal narra il divorzio di Þórðr Ingunnarson dalla moglie Auðr, poiché questa era solita indossare abiti maschili. (p.353)

Malgrado il campo semantico del sostantivo ræti permanga oscuro, le testimonianze runiche attestano l’uso di tale parola come sinonimo di argr con un’evidente connotazione negativa e spregiativa. La Pietra di Sønder Vinge proveniente dallo Jutland settentrionale, recita infatti:

«?u(þi) : b(i)??(l)i : risþi : stin | : þensi : uftiR

: uruku | auk : kaþu : bruþr : | sina : tua : …

: sarþi : auk | siþ : r[a](t)i : saR : manr : | ias

: auþi : mini : þui».

«??? eresse questa pietra per Urøke e Kade, i suoi due fratelli… sodomizzati e stregati. Ræti [divenga] l’uomo che distrugge questo monumento». (p.354)

La maledizione affinché si trasformi in ræti la persona che viola il cenotafio appare dunque equivalente a quella espressa con síða; infatti, sia l’iscrizione runica della pietra svedese di Saleby, sia quella della pietra danese di Sønder Vinge II richiamano il testo formulare inciso sulla Pietra di Björketorp, proveniente dal Blekinge, una regione della Svezia meridionale che anticamente era territorio danese:

(lato A) «hAidRrunoronu | fAlAhAkhAiderAg | inArunARA- rAgeu | hAerAmAlAusR |

utiARwelAdAude | sARþAtbArutR | (lato B) uþArAbAsbA».

Secondo T. Looijenga, se si legge l’iscrizione inserendo le due parole del lato B a metà del testo inciso sul lato A, la pietra presenta un incantesimo in versi:

«haidz    runoronu              falah ak haidera (ra)ginarunaz         arageu          haeramalausz,

uþaraba   spa utiaz weladaude saz þat barutz»

«una fila splendente di rune io ho qui sepolto, rune che vengono dai numi; con perversa frenesia (arageu)

incessantemente, – profezia di sventura –fuori lontano una morte causata da maleficio (trovi) colui che rompe questo (monumento)».

Una maledizione analoga è incisa sulla Pietra di Stentoften, proveniente dal Blekinge:

«herAmAlAsAR Arageu welAdud sA þAt bAriutiþ»

«Incessantemente (posseduto) da perversa frenesia (Arageu) (trovi una) morte causata da maleficio colui che rompe questo (monumento)»

Alla denotazione di dissolutezza espressa dal termine ergi è anche riconducibile l’aggettivo ragr, variante metatetica di argr, nell’accezione negativa di ‘pervertito’, ‘omosessuale passivo’, e quindi ‘vigliacco’, ‘codardo’. Al riguardo J. Loewenthal ha avanzato, come possibile etimologia, l’ipotesi di una corrispondenza tra il nordico argr e il greco ajrcovı ‘ano’. Un analogo significato è stato proposto da Dag Strömbäck per la resa dell’hapax seið- berendr, attestato nel Canto di Hynðla (Hyndloljóð 33) e generalmente reso con ‘mago’. Secondo lo studioso svedese il secondo elemento del composto sarebbe riconducibile a berendi, una parola derivata dal verbo bera (‘portare’) per indicare i genitali di un animale di sesso femminile, solitamente quelli della mucca; un’ipotesi che sembra essere confermata da forme dialettali svedesi e danesi. Di qui il carattere estremamente osceno del termine seið-berendr per designare il mago alludendo all’omosessualità passiva implicita nei riti.

Nella Saga di Óláfr Tryggvason (Óláfs saga Tryggvasonar 103), Snorri riporta che il re norvegese rivolse un violento insulto a uno dei suoi uomini, durante la battaglia navale di Svold nell’anno Mille, chiamandolo bædi rauðr ok ragr (‘rosso e codardo’).

Nella Historia Norwegiae. Nel testo latino l’uccisione del figlio di Haraldr Bellachioma, colpevole di compiere

 il seiðr, non avviene con una brenna (l’incendio dell’edificio nel quale si trovano le persone), bensì per annegamento. E secondo Dag Strömbäck è possibile che l’Historia Norwegiae conservi la versione originale dell’episodio dell’uccisione di Rögnvaldr réttilbeini: «Rognvaldus retilbein ob usitatam inertissimae artis igno- miniam infamatus jussu patris in Hathalandia fertur ingurgitatus». Già in Tacito (Germania 12) si rinviene infatti la menzione di diversi generi di pena capitale a secondo dei crimini commessi, e la morte per annegamento era decretata per i codardi e i colpevoli di reati contro natura. (p.355)

La condanna dell’ergi, la perversione sessuale legata al seiðr, secondo le testimonianze di Snorri, delle saghe e dei canti dell’Edda, appare quindi riconducibile all’assunzione di atteggiamenti effeminati e a pratiche omosessuali, che rendevano l’operatore di seiðr, il mago (seiðskratti), simile allo sciamano che si trasforma in donna. Secondo una antica credenza, il cambiamento di sesso era ritenuto utile per amplificare i poteri magici e favorire il viaggio estatico. (p.361)

Fin qui il contributo della studiosa Carla Del Zotto, docente di Filologia germanica all’Università Sapienza di Roma.

Considerazioni: mi sembra che si sia fatto un rumore eccessivo intorno al mio articolo Ásatrú e Vanatrú: le 4 improbabilità, articolo che ha lo scopo di aprire uno spazio di osservazione diverso da quelli più conosciuti e dei quali mai o quasi mai se ne parla. Si può essere d’accordo o meno, ma reagire con rabbia e insulti altro non fa che identificare meglio i soggetti che reagiscono. Un individuo si incazza quando viene “toccato”…

Una menzogna in quanto tale, “ci passa sopra come l’acqua”, per quanto possa essere lecito puntualizzare.

Ma puntualizzare non vuol dire infangare… Fare tanto rumore condito da insulti e affermazioni completamente distorte da interpretazioni soggettive, non aiuta certo il lettore, ma anzi dà un’immagine errata, fosca e settaria del Culto di cui ci si fa portatori.

Nello specifico: è vero che le accuse alla pratica dell’ergi sono risuonate forte in epoca cristiana (come qualcuno ha scritto), ma è altrettanto vero che tali accuse erano già presenti ancor prima che il cristianesimo convertisse il Nord.

Ora, se riportare un’informazione della quale sopra si può trovare ampio dettaglio, per questi facinorosi fa di me un omofobo, così come è stato dichiarato, allora devo dedurre che tale affermazione è strumentale e ha come obiettivo il solo tentativo di insultare e screditare.

Per chiarezza: per quanto mi riguarda ognuno nel suo letto fa ciò che meglio crede. Non sta a me giudicare. Le parti sopracitate sono estrapolate da un libro scritto da una autorevole docente in materia. Se questo crea dei problemi a qualcuno, è affar suo, non mio.

L’affermazione poi che io sia influenzato dalle religioni monoteiste, è risibile e anch’essa fortemente strumentale. Basterebbe ascoltare i miei video su canale youtube del Viandante del Nord o leggere i post per rendersene conto.

Ma più che fare dichiarazioni campate in aria suggerirei una maggior coerenza con il proprio credo. Appare inutile infatti ergersi come puristi dediti al Forn Siðr (Tradizione Antica) e autentici portatori della conoscenza più arcaica quando poi si usa il nome di un arcangelo di derivazione giudaica per la casa editrice che pubblica testi di fede norrena. I nomi che scegliamo per le nostre attività hanno una frequenza e un valore! In qualche modo ci identificano, oltre che identificare ciò che facciamo. E ci riportano alla frequenza del nome stesso. Gli autori di tali libri dovrebbero chiarirsi un po’ le idee…. La coerenza non è aria fritta…. E il filo-abramitico sarei io?!?

Úlfgaldr Valtýsson

Lítilla sanda, lítilla sæva, lítil eru geð guma;

þvíat allir menn urðot jafnspakir, hálf er ǫld hvar.

Un mare piccolo, ha una spiaggia piccola, le menti umane sono piccole;

non tutti gli uomini sono ugualmente saggi, la metà lo è più degli altri.

                                                                                                                         Hávamál stanza 53

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Úlfgaldr Valtýsson aka Massimo Nobili

Movimento Tradizionalista Ásatrú