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Tradizione Nordica: facciamo chiarezza

Per Tradizione Nordica intendiamo principalmente quel corpo di conoscenze fornitoci dal Mito Norreno e dalle varie saghe che caratterizzano l’aspetto spirituale e magico-religioso degli antichi Germani del nord, dei gruppi norreni della Scandinavia centro meridionale, di successivi insediamenti in Inghilterra, Islanda e Groenlandia e di una lunga lista di altri Paesi nei quali i vichinghi sono approdati a scopo di conquista o per stabilire rotte commerciali.

 

 

Oggigiorno si fa un gran parlare di questa Tradizione e oramai da qualche decina di anni sono apparsi vari gruppi di studio, di pratica o solo di rievocazione storica che si rifanno in qualche modo ad essa.

Come Praticanti di questa riteniamo fondamentale l’apporto che alcuni studiosi italiani contemporanei hanno dato; ricordiamo tra i più conosciuti la defunta G.C.Isnardi filologa e studiosa di letteratura scandinava,  la professoressa  C. del Zotto esperta in filologia germanica della Sapienza di Roma e l’antropologo Mario Polia. Contributi importanti sono stati dati anche a E. Zolla e dallo storico delle religioni, il francese G. Dumézil.

Basandomi sulle conoscenze dei testi tradotti in italiano direttamente dal norreno giunti a noi sino ad oggi, cercherò di fare un pò di luce su alcuni punti salienti di tale Tradizione, rimanendo aperto a interpretazioni diverse che non abbiano però lo scopo di fornire Verità personalizzate spesso così care agli appartenenti di gruppi “esoterici”, il cui obiettivo consiste nel beatificare i propri guru elevandoli a piani divini o semidivini. Nel contempo non appoggio totalmente neanche chi, come l’accademico (al quale vanno comunque tutto il mio rispetto e la mia attenzione perchè senza il suo contributo non avremmo oggi tutte le informazioni che abbiamo), vede il proprio studio come solo elemento di conoscenza universitaria e non anche spirituale, poiché, per una nostra visione del mondo e dei suoi accadimenti, i due aspetti non sono certamente incompatibili.

Fatta questa doverosa premessa, parlando di Tradizione Nordica dobbiamo prendere atto che essa nasce nell’area scandinava centro-meridionale, passando prima per il nord della Germania. In modo particolare la Tradizione Norrena è il risultato della fusione di due popoli: Æsir e Vanir avvenuta intorno al 2000-2500 a.C. Mentre i primi sappiamo essere di origine indoeuropea giunti come invasori, i secondi sono popolazioni autoctone di stampo megalitico-matriarcale. Per alcuni è sufficiente partire da ciò. Ma quando guardiamo un albero dovremmo ricordarci che quello che vediamo è il risultato delle sue radici, che sono celate ai nostri occhi e che per poterle vedere, dovremmo almeno considerare di scavare un po’ più a fondo. Portare avanti oggi le tradizioni spirituali degli antichi nordici, codificate oggigiorno con termini come Ásatru, Odinismo, Vanatru, ecc.. senza considerare, testi alla mano, come tale Tradizione sia nata con le sue varie sfaccettature e “travagli”, ci appare quantomeno limitato.

Ciò che segue è rintracciabile su “Leggende e miti vichinghi” dell’Isnardi, Rusconi editore, Milano, settembre 1989.

Tra i fondamenti mitico-religiosi della Tradizione Nordica troviamo l’Heimskringla (Orbis mundi), redatta da Snorri Sturluson, che descrive l’origine dei re di Norvegia, nobilitandone la stirpe e attribuendo ad essi discendenza divina. La prima parte di questo manoscritto è l’Ynglinga Saga (Saga degli Ynglingar). Per raccontarla Snorri prende spunto da un carme scritto da Thjódhólfr di Hvínir. Oltre a ciò Snorri cita i racconti di «conoscitori di saghe» e i carmi degni di fede in quanto sógn fródhra manna (narrazione di uomini saggi) e at gamlir frœdhimenn hafa slíkt fyrir satt haft   (ritenuti veri dagli antichi saggi). Snorri sostiene che tali scritti sono meritevoli di fiducia poiché tramandati da Ari prestr inn fródhi, un saggio sacerdote islandese vissuto un secolo prima di lui che aveva avuto contatto diretto con molti di quegli «antichi saggi». Nell’Ynglinga Saga al capitolo 2, si dice che «la terra ad oriente di Tanakvísl (fiume Don), in Asíá era detta Άsaland (Terra degli Άsen) o Άsaheimr (Patria degli Άsen) e la capitale del Paese fu detta Άsgardhr. Nella fortezza c’era un capo che si chiamava Ódhinn».

Immagine acquisita dal web

Nel capitolo 5 della Saga degli Ynglingar si legge: «Una grande catena di montagne si estende da nord-est verso sud-ovest dividendo Svíthjódh in mikla dagli altri regni. A sud delle montagne non c’è una grande distanza da Tyrkland (Turchia); la Ódhinn aveva grandi possedimenti… Ódhinn poichè era preveggente e conoscitore di magie, seppe che la sua discendenza avrebbe popolato la metà settentrionale del mondo. Allora pose i suoi fratelli Vé e Vílir [al governo] di Άsgardhr ed egli se ne andò e con lui tutti i díar e una folta schiera. Prima si diresse ad ovest verso Gardharíki (Russia) e di lì a sud in Saxland (Sassonia). Divenne padrone di molti regni e in molti luoghi in Saxland e vi pose a difesa i suoi figli. Poi si diresse a nord verso il  mare e stabilì la propria residenza in un’isola; quel luogo ora si chiama Ódhinsey in Fjón». Odino a questo punto manda Gefjun a nord a cercare terre e nella Snorra Edda si racconta di come ella la ottenne dal re Gylfi. La terra fu chiamata Selund. Ella visse in quel luogo e fu presa in moglie da Skjöldr figlio di Odino. Da Skjöldr e dalla sua discendenza prese vita la Skjöldunga Saga, della quale tutt’oggi ne rimangono solo dei frammenti in lingua latina. Skjöldr fu il capostipite degli antichi danesi. Successivamente

Sigtuna. Ruderi di un antico luogo di culto.
Copyright.

«Ódhinn stabilì la sua residenza presso Lögrinn (lago Malären) nella località ora detta fornu Sigtúnir (antica Sigtuna, Svezia). Vi eresse un tempio e sacrificò all’uso degli Asi. S’appropriò di un territorio molto vasto che chiamò Sigtúnir e diede dimora ai sacerdoti del tempio».

Nell’Heimslýsing (Illustrazione del mondo) si dice che la popolazione dei Tyrkir colonizzò la Svezia. Da qui si spostò in Norvegia da dove partì la colonizzazione dell’Islanda sino ad arrivare successivamente in Groenlandia.

«Nella Sturlaugs Saga si afferma che tutti coloro che vogliono chiamarsi saggi devono sapere che le terre del nord furono colonizzate dagli uomini di Asíá il cui capo era Ódhinn».

Stesse notizie nel Sörla tháttr.

Nell’Uphaf alla frásagna (Inizio di tutte le narrazioni) si ripete che «Inizio di tutte le narrazioni in lingua norrena, quelle che seguono verità, fu che i Tyrkir e gli uomini di Asíá popolarono il Nord, e occorre dire invero che la lingua che noi chiamiamo norrena giunse al Nord insieme a loro. Questa lingua si diffuse in Saxland (Sassonia), Danmök (Danimarca), Svἰthjódh (Svezia), Nóregr (Norvegia) e in parte di England (Inghilterra)».

Notizie di questo tipo si trovano nella Saga di Bósi e nel Brot um fornar átrúnadh (Frammento sull’antica credenza).

Cosa ne possiamo dedurre?

  1. Odino ed il suo popolo sono di ceppo indoeuropeo e giungono dall’Asia. L’etimologia di molti termini runici (nordico antico) ci conduce a radici sanscrite e indoeuropee: da ANSU-UNSU, scrive l’Isnardi parlando degli Άsen , si definisce meglio l’area semantica di provenienza. Il sanscrito Άsu (soffio vitale) si ricollega alla stirpe divina degli Asi
  2. Antichi Germani e Norreni hanno evidentemente lo stesso ceppo, essendo Odino passato prima dalla Sassonia e avendo posto i suoi figli a guardia dei possedimenti conquistati in quel luogo
  3. La lingua norrena è portata in Scandinavia dagli Æsir. Cosa questa di non poco conto sulla quale tornerò in un prossimo futuro

A ciò possiamo aggiungere quanto sostenuto de J. Jones attraverso i suoi studi: «le popolazioni vichinghe che vivevano tra il collo dello Jutland e le isole Lofoti, Sogn e Uppsala, non erano tutte uguali e, a stretto rigore, neppure appartenenti ad una “pura” razza nordica. Tuttavia due tipi principali di Scandinavi sono sempre stati riconoscibili: l’uno di alta statura, di carnagione chiara o rossiccia, con i capelli chiari, gli occhi azzurri, la faccia e il cranio allungati; l’altro più basso di carnagione scura, con capelli bruni o neri, occhi scuri, faccia larga e cranio rotondeggiante». (I Vichinghi, Newton Compton, Roma 1978).

Questo dato conferma la diversità esistente tra le popolazioni autoctone e gli invasori indoeuropei.

Continua.

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